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martedì 2 giugno 2009

Baroness - Red Album (2007)


Anno: 2007 Etichetta: Relapse Tracklist: Rays on pinion The birthing Isak Wailing wintry wind Cockroack en fleur Wanderlust Aleph Teeth of cogwheel O’ appalachia Grad Hidden track line-up: John Baizley – chitarra e voce Brian Blickle – chitarra Summer Welch – basso Allen Blickle – batteria
La Georgia (negli Usa, non in Europa, nda) si stà lentamente trasformando in una fucina inesauribile di grandissimi combo, amanti delle sonorità pe(n)santi, il cosiddetto heavy me(n)tal, dando i natali prima agli stratosferici Mastodon, poi ai potenti kylesa, ed infine ai creatori del disco oggetto di questa review. Dopo due split più orientati verso uno sludge miscelato con un post-core, le cui radici affondavano nella tradizione già creata da band come Neurosis e Isis, il quartetto di Savannah torna con il suo primo full-lenght: un battesimo del fuoco dove si giocano tutto, trovandosi al bivio tra la gloria e la polvere, tra l’essere un fac-simile iperderivativo o divenire una potenziale realtà, capace di trasformare le premesse in solide fondamenta. Il red album è capace di soddisfare i diversi palati a cui si presenta, grazie alle diverse anime di cui è composto, come un caleidoscopio dalle numerose sfaccettature l’immagine non è mai quella che appare in maniera statica, ma cresce e si evolve ascolto dopo ascolto. La struttura melodica rispetta, nella maggior parte dei casi, un’impostazione di stampo prog, con lunghe dissertazioni sonore che compongono un mosaico le cui tessere, rette da un duetto di chitarre in sincro, rendono dinamico ogni singolo brano. L’atmosfera si sviluppa in maniera ora frenetica, ora riflessiva, ma ciò che sicuramente incuriosisce è il modo in cui la tecnica di ogni singolo componente è capace di elevare il brano a struttura compatta. I muri sonori si ergono su un unico riff portante, al quale si agganciano le singole idee sviluppate, in maniera parallela, da voce, chitarre e sezione ritmica. Merita sicuramente una menzione d’onore la batteria, che è capace di creare tappeti di ritmiche sincopate e di taglio jazzistico, intarsiare mantra sonori sfruttando le proprie conoscenze prog, metal e stoner-psych. E’ questa ricchezza di sonorità e stili che permette al disco di volteggiare, in un valzer irresponsabile, tra le diverse influenze, creando un pot-pourri che rende così difficile la classificazione e l’utilizzo di un’etichetta musicale univoca, che riesca a ingabbiare in un termine tutta l’anima- o meglio le anime - che vivono all’interno del progetto baroness. All’interno del disco trovano spazio anche episodi acustici e strumentali (“cockroac en fleur”), oppure brani più veloci e diretti (teeth of a coaghwheel, O’appalachia) sferzanti di frenetica rabbia e mordente. Dilungarsi sugli elementi che compongono ogni singola traccia sarebbe quantomeno prolisso e superfluo. Basti sapere che si tratta di un’uscita imprescindibile di questo 2007 appena conclusosi, che proietta i baroness in una posizione di tutto rispetto, meritato e guadagnato attraverso jam sofisticate e ben sviluppate, nel panorama mondiale della musica heavy n’ loud. Nel nuovo corso, inaugurato da gentaglia come Kyuss e Neurosis, sicuramente si trovano band capaci di aprire il becco senza risultare soporiferi o la classica minestra già riscaldata.

Sgabrioz

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