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Based on a work at rockedintorni.blogspot.com. .: Anathema - Eternity (1996)

giovedì 26 febbraio 2009

Anathema - Eternity (1996)


Anno: 1996
Etichetta: Peaceville Records

Line Up:
Vincent Cavanagh - Guitar/Vocals
Daniel Cavanagh - Guitar
Duncan Patterson - Bass
John Douglas - Drums

Tracklist:
1.Sentient02:59
2.Angelica05:51
3.The Beloved04:44
4.Eternity, Part I05:35
5.Eternity, Part II03:12
6.Hope (Roy Harper cover)05:55
7.Suicide Veil05:11
8.Radiance05:52
9.Far Away05:30
10.Eternity, Part III04:44
11.Cries on the Wind05:01
12.Ascension (instrumental)03:20


Tre settimane nel freddo Gallese,e la mutazione arriva, spontanea come non mai. Siamo nel 1996, e l'allontanamento di una band da sonorità estreme verso lidi rock più intimistici non è ancora considerata un'evoluzione comune, era chiaro che per scalar le vette del successo,la band avrebbe potuto tranquillamente realizzare un The Silent Enigma 2 per far fruttare le casse, ma sarebbe stato come congelarsi, in quella umidità anglosassone. Così dalle tetre statue dei primi artwork stavolta emerge solo un candido angelo contornato di tinte lisergicamente acide di uno spazio sconfinato Il filo conduttore resta, il Doom è presente nella sua essenza eterea ,respirabile nel sapore della sconfitta, della certezza della perdita. Emerge però un tenue sole alla distanza che ridisegna la filosofia della band, la nascita di un qualcosa. Vien persino celebrato nell'intro “Sentient” ,il vagito del neonato cullato dalle note della (ancora per poco) Guest al piano&tastiere , Les Smith che celestialmente accompagna le corde di Daniel.
Un inzio sussurrato del quartetto di Liverpool, che accende la disperazione all'unisono con gli amplificatori nella successiva “Angelica” ,divenuto oramai un classico delle setlist dei live,i riff lasciano spazio a vere e proprie composizioni strumentali intorno alla tragicità romantica della voce di Vincent, la somma è una autentica perla di nera passionalità. “The Beloved” scala la cima dell'intensità collegndosi al brano antecedente, è rabbia che sanguina dalle casse degli amplificatori , la risposta prima della domanda. Che giunge successivamente a metà della composizione.
Quasi a voler dare uno stampo prog, ci troviamo di fronte ai primi due frammenti di titletrack, il primo dai ritmi sostenuti che esplodono al culmine di quel “do you think we're forever?” e orchestrazioni spettrali di tastiere e un outro addirittura elettronico ,”Eternity part2” unisce passaggi onirici di voci distorte, ruscelli che scorrono,Michelle Richfield (che ritroveremo nel progetto Antimatter) conclude con tre semplici parole ,esaltate da una notevole delicatezza, questo omaggio alla scuola floydiana . A segnalarne ancor più marcatamente l'influenza, è la successiva cover “Hope” ,scritta appunto da Gilmour per Roy Harper , ed è proprio quest'ultimo ad introdurre le note con uno spoken, il dialogo successivamente si fa duplice, la chitarra quasi si estrane in un giro ossessivo a spirale che ingloba il cantato che raggiunge l'estasi nel ritornello poi affiancato da echi syntati .
È il cuore del disco, offerto dal pezzo forse più cupo della raccolta, “Suicide Veil” ,il doom spogliato e rivestito da musicisti esperti, ma innanzitutto dalla sensibilità di uomini capaci di fondere i ritmi sostenuti e tastiere decadenti tipiche del genere, con l'enfasi interpretativa di Vincent nel ritornello. Una piacevole coda strumentale poi sfuma senza abbandonare la mente.
Radiance” fa da specchio alla produzione del disco, povera e scarna, che non intacca la bellezza del disco anzi, la risalta, nella crudezza delle sonorità ,allontanando del tutto possibilità di deja vù, nonostante ciò, è l'arte psichedelica della chitarra di Danny a riaddrizza le sorti del pezzo che altrimenti sarebbe da valutare un gradino sotto gli altri. La penna di Duncan tinge nuovamente l'album di torbida introspettività nella successiva “Far Away” , gravitato intorno alla ipnotica nenia del ritornello e ai ripetuti scambi d'intesa tra le sue quattro corde e la chitarra acustica . Strumenti che proseguono il dialogo nella successiva “Eternity part 3” , Douglas trascina questa marcia doom (che elude solo in un fraseggio tribalista ) per poi lasciarsi andare in un energica accelerazione thrash. In "Cries On The Wind" sono i registri a cambiare, Patterson alza il volume nella strofa recitata più che cantata, e i fratelli Cavanagh domano la seconda parte in uno stretto intreccio chitarristico che muore in sacrificio dell'esaltazione dell'ultimo verso:

Don't dwell on the forthcoming
As I know it won't be happening
And you know, when I'm gone
You'll hear my cries on the wind

le labbra non si schiudono ulteriormente, lasciando all'estro di “Ascension” l'agio di comunicare il verbo della speranza, in un impeto di positività ed energia poi riposato da quei tasti bianchi e neri che avevano aperto il sipario di questo capolavoro inferiore solo ai due lavori più cronologicamente vicini ad esso, .

Le bonus track di questo album sono le pregevoli versione acustiche di “Far Away” e “Eternity part 3” che mostrano l'attitudine dei musicisti a riproporre brani in chiave completamente acustica, successivamente dimostrata in un intero tour del gruppo e della pubblicazione dell' ep “A Dream For A Blind” del nuovo progetto di Duncan Patterson.

La versione giapponese include l'eccezionale riarrangiamento di Sleepless con il carisma di Vincent dietro al microfono e Michelle Richfield , l'elaborato risulta sicuramente più accattivante e incisivo dell'originale.

Gidan Razorblade

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