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Based on a work at rockedintorni.blogspot.com. .: In The Woods... - Omnio (1997)

martedì 6 gennaio 2009

In The Woods... - Omnio (1997)



Anno: 1997
Etichetta: Misanthropy Records

Line-up:
Jan Kennet Transeth - Voce
Synne Larsen - Voce
Christian Botteri - Basso
Christopher Botteri - Chitarra
Christer Andre Cederberg - Chitarra
Anders Kobro - Batteria

Guest: The Dust Quartet : violini, viole, violoncelli/ Arve Lømsland : keys

Tracklist:
1. 299 796 km/s
2. I am you flesh
3. Kairos!
4. Weeping willow
5. Omnio? - Pre
6. Omnio? - Bardo
7. Omnio? - Post

Non giriamoci attorno, un album è e diviene grande quando è capace di trasmettere emozioni.
Sembra semplice, ma sfido a comporre musica che arrivi al cuore, dando il via a un irrefrenabile valzer di sentimenti. Questi gruppo di giovani norvegesi, nel 1997, dal bizzarro nome di In The Woods... riuscì nell’intento, indicando una nuova via per il giovane movimento avantgarde, capace di recidere il cordone con il black metal, a favore di una visoni musicale più ampia e di respiro.
In primis, musica che fa viaggiare e porta indietro nel tempo, è questa la prima qualità di questo album straordinario, uno dei grandi capolavori del metal (e oltre mi azzardo ad affermare). Composizioni magnifiche suonate da musicisti straordinari che partiti suonando un black metal influenzato dal folk e dal prog, sono riusciti ad amalgamare in maniera sublime le influenze più disparate. E terzo, ma non in ordine di importanza la coppia Jan Kenneth Transeth-Synne Larsen, capaci con le loro voci magnifiche di aprire il cuore di chi li ascolta, la teatralità del primo (che abbandona del tutto lo scream se non per pochi secondo nel mezzo della seconda traccia) e gli acuti della seconda.
Parte 299 796 km/s e si capisce già che questo è un album speciale.
Un violoncello disegna arabeschi lontani e solitari, crescendo inesorabilmente verso un riff massiccio sopra il quale si innalza un breve ma intenso solo, lì, ad inizio song, a testimonianza dell’eclettismo della band. Riff distorti danno il la alla prestazione combinata di Jan e Synne, evocativi come pochi altri, si rincorrono e scavalcano, cantando in una sincronia perfetta, narrando di infinito e tempo, della vita sulla terra e della nostra dipartita, tutto scandito dalla velocità della luce. I ritimi salgono e la song si fa rocciosa, veloce, riff pieni e grezzi, macinati dalla coppia Botteri-Cederberg, chiusi da un acuto della bionda singer. Ed ecco che si apre un sipario sognante nuovamente costruito con violini magnifici, due minuti dove è lecito perdersi tra le note, e se non bastasse entrano delicati arpeggi di chitarra acustica leggermente flangerata, che si fondono e corrono via, quando rientra la coppia vocale, che pare parlare, l’uno con l’altra in una danza intima ed evocativa, che viene interrota solamente dal riff massiccio che spazza via dubbi e malinconia, effettato, tagliente, mentre Andrei alla batteria scandisce lentamente il tempo. Il duo di chitarristi disegnano architetture gemelle di chitarra che si intrecciano donando eticità al pezzo, come se le doti dei due singer non bastassero, cinque minuti di dolce sofferenza, prima che si apra una sfuriata al limite del black melodico, con la doppia cassa di Kobro che veloce si disimpegna tra i ricami della canzone, mentre Synne alza il suo tono vocale, contrapponendosi alle tonalità basse e cupe di Jan. E un preziosismo solo finale chiude un quarto d’ora di canzone bella come poche altre.
E d’impatto si apre I Am Your Flesh, un mid-tempo leggeremente uppato, dove a far da padrone sono la prestazione vocale immane di Jan e il drumming preziosismo di Andrei, vario e intelligente, anche nei momenti di quiete, dove le distorsioni di Botteri si fondono con il basso possente del fratello (naturalmente i nomi sono d’arte), spalancando intensi minuti di prog floydiano, dove si presentano chitarre appena pizzicate, distorsioni lontante e leggere tastiere di sottofondo, manifestando così l’amore della band nei confronti della band di Waters. Vero punto di riferimento.
Riff leggeri ipnotici supportano il crescendo vocale di Jan, che pare un novello Romeo per il pathos che mette nella sua prestazione. E in raptus di dolore caccia via con uno scream lancinate tutta la sua rabbia, alzando i ritmi, colorati di riff di derivazione estrema ma tenendo sempre in mente la melodia, come nelle armonizzazioni finali della song.
Arpeggi saltellanti e si apre Kairos!, che ben presto si mostra in tutta la sua essenza, un mid-tempo roccioso dal sapore doomish, sopra il quale si innalza la prestazione superba di Synne, eterea e calda alla stesso tempo, mentre bravi break acustici cospargono la canzone di classe cristallina, mentre la singer apre squarci profondi nell’animo di chi la ascolta:


“The moment that your senses play a part
-when all of them caress a new impression
Somewhere deep within your heart
like qualities of permanent obsession

Can you conquer your emotional delay
can you draw tomorrow's history today
can you feel the tide is turning
can you overcome the yearning
-or will you blindly obey?

Break through-embrace the light of”



Weeping Willow si apre progressive come non mai, intrecci di chitarre acustiche e feedback lontani, le magnifiche tastiere di Arve che stendono un pulitissimo tappeto sonoro, preludio per gli straordinari giri di chitarra che si aprono a elevare i due vocalist, che conducono le danze in toni cupi, mentre lontano si odono piccoli tocchi di piano. La song cresce costante con riff incessanti e drumming preciso di Andres, che cesella la song in maniera onnipresente, mentre un susseguirsi di quiete e maestosi crescendo si fanno largo per i dodici minuti del componimento.
E ora arriva la suite di Omnio, divisa in tre parti, ventisette minuti dove la band mette in evidenza tutte le sue potenzialità enormi.
La inziare è Omnio?-Pre, aperta dalla commistione di keys, arpeggi acustici e violini, in una magniloquenza che ricorda le parentesi raffinate dei 3rd And The Mortal. Jan sussurra del suo cammino guidato dalla vista di profondissimi occhi blu. E i ritmi crescono inesorabilmente, un crescendo acustico che si tramuta in un lunghissimo solo elettrico, prima distorto e poi limpidissimo, mentre Jen mostra a tutti l’estensione della sua voce incredibile, invocando una musa lontana (Synne) a svegliarlo dal sonno nel quale è caduto. Un teatro psichedelico si apre per alcuni secondi, che chiude i battenti e riporta verso atmosfere gotiche di rara fattura.
La musa Synne non è da meno con la sua voce corale toccante e punitiva, un cammino di dolore.
Un solo, un break acustico e un nuovo crescendo, altalena di emozioni.
I sei minuti di pischedelia pura di Omnio?-Bardo sono un tributo palese ai primissimi Pink Floyd e ai King Crimson di Islands, atmosfere dilatate, quasi ambient, che crescono con effetti di tastiere, arpeggi, e sfociano in un solo lungo e intenso.
Omnio-Post? Chiude questomagnifico viaggio tra le sabbie del tempo e dello spazio, aperto da un solo di piano e dalla voce di Synne, davvero toccante, profonda, calda, piena.
Ed ecco che i ritmi si alzano per l’ultima volta, riprendendo la musicalità di Pre, con un Jen che a briglia sciolta sciorina una prestazione vocale da incorniciare, ancora migliore della prima della tiade, dinanzi alla quale ci si può solo inchinare, come d’obbligo dinanzi a un capolavoro musicale di questa portata, manifesto di una band unica nel suo genere.

Neuros

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