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lunedì 19 gennaio 2009

Green Day - Warning (2000)



Anno: 2000

Etichetta: Reprise

Tracklist:
1. Warning
2. Blood, Sex & Booze
3. Church On Sunday
4. Fashion Victim
5. Castaway
6. Misery
7. Deadbeat Holiday
8. Hold On
9. Jackass
10. Waiting
11. Minority
12. Macy's Day Parade

Anno 1997. I Green Day, all’apice del successo, pubblicano Nimrod, album poliedrico e ricco di mille sfaccettature. Il successo è ancora una volta enorme grazie soprattutto ad una canzone che esula del tutto dal loro stile (nonostante fosse stata scritta nel periodo di Dookie): Good Riddance (Time Of Your Life). Nella mente dei componenti del gruppo inizia così ad insinuarsi l’idea di svariare maggiormente sul fronte di un rock di stampo più classico. Nel frattempo la pressione dei media sulla band, si fa sempre maggiore a causa del grande successo e la vita privata dei tre californiani inizia a scricchiolare portando Mike e Tré a divorziare dalle rispettive mogli e Billie Joe in un profondo stato di crisi. Nel bel mezzo del loro ennesimo tour europeo i GD prendono la sofferta decisione di staccare completamente la spina, cancellare le rimanenti date e ritirarsi a tempo indeterminato a vita privata. Durante il periodo lontano dai riflettori i ragazzi hanno modo di dedicarsi a loro stessi, rimettere insieme i cocci delle loro vite e vivere finalmente come persone normali e non come rockstar. Nel tempo libero, oltre che fare la spesa e giocare con i figli, riprendono in mano il libro della storia del rock e ripassano i grandi classici, da Bob Dylan ai Beach Boys passando per i Kinks. Così, dopo quasi due mesi di lontananza l’uno dall’altro, il gruppo si ritrova in sala prove ripartendo proprio dalla consapevolezza nei proprio mezzi donata dal successo di Time Of Your Life, e ciò che ne viene fuori è qualcosa di decisamente più maturo rispetto a quanto inciso in passato.
Billie Joe ha finalmente intrapreso la strada per trovare un equilibrio prima di tutto interiore, lasciandosi pian piano alle spalle il melodramatic fool neurotic to the bones di Basket Case e tutta la band ne giova alla grande. Gli eccessi e la sregolatezza sono messi una volta tanto in secondo piano dato che, come recita Jackass: everybody loves a joke, but no one likes a fool. La maturità stilistica raggiunta è evidente fin dalle note iniziali del singolo Warning, il cui giro di chitarra è una chiara citazione di Picture Book dei Kinks. Le chitarre elettriche suonano molto più vintage mentre quelle acustiche fanno capolino sempre più spesso all’interno delle trame ordite dalla band. Così se Blood, Sex & Booze e Church On Sunday richiamano alla mente i momenti power pop di Nimrod, già Fashion Victim si rifà a un rock d’annata, mentre in Castaway lo spettro dei Beach Boys aggiornati all’anno 2000 aleggia fra le note. La sorpresa più grande si ha però fin dall’incipit di Misery. In un atmosfera fumosa si fa largo, al ritmo della fantasiosa batteria di Tre Cool, una marcetta che col proseguire del minutaggio si arricchisce della presenza di fisarmonica e archi in un crescendo sempre maggiore di pathos. Chi l’avrebbe detto ai tempi di Dookie che, all’alba del nuovo millennio, i Green Day avrebbero tirato fuori un brano western-folk?! Deadbeat Holiday ci riporta sui binari di un pop punk d’annata, ma le chitarre acustiche e la fisarmonica di Hold On sono un altro indizio dell’amore di Billie Joe&co. verso il rock d’annata e il cantautorato made in USA, e il signor Bob Dylan ringrazia.
Volgendo al termine il disco ci restituisce, in parte, il gruppo californiano nelle sue vesti orginali. Dopo il rock’n’roll di Jackass infatti arriva la perla power pop Waiting: attacco di Billie Joe e poi a ruota Mike e Tre a colorare un brano tra i più riusciti del repertorio targato Green Day, in cui l’innata vena melodica del frontman si sposa alla perfezione con la fantasiosa e scoppiettante sezione ritmica. Minority è invece il brano che amalgama alla perfezione i vecchi Green Day spacconi a quelli più maturi e meno chiassosi. Il singolo infatti si regge su una strofa tranquilla in cui Tre Cool tiene però alto il livello di attenzione per poi esplodere nel ritornello in cui la pennata pesante di Mr.Armstrong la fa da padrone. Proprio il ritornello -I want to be the minority, I don’t need your authority, down with the moral majority ‘cause I want to be the minority- svolge appieno il compito di far scatenare un pubblico (e un gruppo) che è sì cresciuto, ma ha comunque mantenuta intatta quella vena arrogante e sovversiva tipica di un giovane.
Il gran finale è tutto per Macy’s Day Parade. Dopo l’esperienza di Time Of Your Life, Billie Joe torna in versione solista (accompagnato da una sezione di archi) imbracciando una chitarra acustica e ponendo il definitivo sigillo di maturità su un lavoro che, criticato da molti, ha rappresentato un grosso passo avanti per la band di Berkeley, sia a livello musicale che a livello umano.
E fu così che alla fine, anche i ragazzacci del punk, divennero uomini.

Alessandro Sacchi =KG=

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