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domenica 25 gennaio 2009

Death Cab For Cutie - Plans (2005)


Anno: 2005

Etichetta: Atlantic

Tracklist:
1. Marching Bands Of Manhattan
2. Soul Meets Body
3. Summer Skin
4. Different Names For The Same Thing
5. I Will Follow You Into The Dark
6. Your Heart Is An Empty Room
7. Someday You Will Be Loved
8. Crooked Teeth
9. What Sara Said
10. Brothers On A Hotel Bed
11. Stable Song

Pop. Parolina che ai più mette addirittura i brividi. Roba facilotta per altri. Non se fatta come si deve, mi viene da rispondere. Plans è proprio questo, un ottimo disco pop.
Dare un degno successore all’epocale (perché per l’indie rock lo è) Transatlanticism sul suo stesso campo era impresa disperata. Il binomio magniloquenza/semplicità disarmante che caratterizzava l’ingombrante predecessore di Plans viene allora messo alle spalle. La costante però è sempre quella: la classe. Ben Gibbard e soci compiono un altro passo avanti lungo una carriera invidiabile, caratterizzata da soddisfazioni sempre maggiori e lavori di spessore non indifferente. Grazie allo status raggiunto il gruppo non teme minimamente di confrontarsi (per l’ennesima volta) con quella famosa parola: pop. E il risultato è ancora una volta un successo. Magari il disco si rivela meno immediato di altri targati Death Cab, ma è il segno che contraddistingue le grandi opere l’iniziale difficoltà a farsi assimilare. E comunque non si parla di nulla di arzigogolato, anzi. Prendiamo i due momenti migliori dell’album: Soul Meets Body e I Will Follow You Into The Dark. Nella prima batteria, chitarra acustica e spruzzate di tastiera si fondo dolcemente creando un tappeto sonoro magico, in cui la vocina di Ben Gibbard va a nozze. L’anima si fonde al corpo. La melodia riempie l’aria e we feel what it’s like to be new. Nella seconda è l’accoppiata voce – chitarra acustica a farla da padrone. Il risultato è disarmante nella sua semplicità. Una struggente ninna nanna sull’amore, quello più puro, quello che ci fa ricongiungere anche dopo la morte, quello che ci mette paura. Sì perché quando mettiamo il nostro cuore nelle mani di qualcun altro la paura ci lascia senza fiato, tanto quanto l’amore che proviamo: fear is the heart of love.
Basterebbero questo due canzoni per promuovere a pieni voti l’album, ma i DCFC non si risparmiano, disseminando qua e là perle che si lasciano apprezzare pian piano. Dalla fighettina Crooked Teeth -colonna sonora perfetta per un party a base di Martini, capelli leccati e polo appena stirate- alla cadenzata Summer Skin. Sentite ancora il profumo che emanava la pelle abbronzata di quella splendida ragazza conosciuta in spiaggia la scorsa estate vero?
E come dimenticarsi di Someday You Will Be Loved? Avete appena lasciato la vostra morosa, vi sentite delle merde, non sapete come fare per farla stare meglio, a lei ci tenete davvero, le lasciate un post-it prima di andarvene per l’ultima volta…

You'll be loved you'll be loved
Like you never have known
The memories of me
Will seem more like bad dreams
Just a series of blurs
Like I never occurred
Someday you will be loved

...che cuori d’oro! Potrei andare avanti ancora, citare le varie Your Heart Is An Empty Room e Marching Bands Of Manhattan, finire la tracklist, ma non lo farò. Non lo farò perché voglio lasciarvi il piacere di ascoltare quest’album come si legge un bel libro: sfogliandolo poco alla volta, sentendone l’odore delle pagine, tenendolo fra le vostre mani. Questo è il destino dei grandi classici, e solo i grandi gruppi scrivono grandi classici. I Death Cab di Ben Gibbard lo sono.

Alessandro Sacchi =KG=

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