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domenica 21 dicembre 2008

Mudhoney

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I Mudhoney sono un (...IL) gruppo garage rock di seattle, uno dei primi (e più importanti) del movimento GRUNGE. Durante la loro carriera, hanno rilasciato alcuni capolavori e una serie di ottimi album, seguendo una certa evoluzione artistica che ha permesso loro di non sgretolarsi nei meandri del manierismo (pur restando sempre fedelissimi al loro sound) e nelle pagine di cronaca nera.
i 2 fondatori della band, Mark Arm(voce) e Steve Turner(chitarra), provengono dall'ultima formazione dei GREEN RIVER. La band fu assemblata nel 1988, con alla batteria Dan Peters ed al basso Matt Lukin proveniente dai MELVINS.
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L'esordio lo abbiamo nel 1988 con l'ep Superfuzz Bigmuff (in seguitito ristampato come un lp vero e proprio, con all'aggiunta di una serie di singoli nella tracklist), un concentrato di rude potenza e sporcizia sonora con chiari riferimenti agli Stooges, MC5, Blue Cheer, Hendrix, Grateful Dead ed ai seattleiani The Sonics. C'è la ripresa dei '60, sopratutto del sound di Detroit, adesso sotto una luce tutta nuova,e veicolata per altri finie con altri toni.
L'impatto dell' ep nell'immaginario rock fu devastante, la scandalosa "touch me i'm sick" divenne presto una hit alternative (ed un inno generazionale). nell'ep c'è una tale nevrosi da far impallidire chiunque; un cantato monotono e cantilenante, gracchiante e cartavetrato, come le chitarre superfuzzose di Steve Turner, ma forse la vera forza trainante dei primissimi mudhoney è la sezione ritmica, e in particolare quella bestia di batterista invasato che sapaccava il culo brano dopo brano, in modo sempre diverso (e questa è la sua grande forza, e la forza dei primissimi mudhoney).
"In Out Of Grace" è uno stendardo dove sventola tutto lo splendore marcio della band, e tutta la ricchezza del loro sound, Mark Arm spara sentenze sotto un fuoco incrociato di assoli. "If I Think" è uno degli episodi sviluppati meglio, con una partenza agrodolceriflessiva che finisce per corrompersi nella baraonda bestiale che solo i mudhoney possono fare, anche se con deliziosi inserti melodici, gli unici che in questo ep avrete modo si saggiare.
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Mudhoney [1989] è un disco imprescindibile, proprio perchè è la completa realizzazione degli intenti contenuti nell'ep precedente, che si concretizzano in una mazzata ancora più dura, rifinita (pur restando essenzialmente ruspantee)ed assestata; l'influenza dell'hardcore (sempre presente nel background della band) si fa sentire, e nel confezionare i 12 pezzi del disco, non ne sfugge uno che non sia una bomba.
vediamo ora qualche brano: "Flat Out Fucked" è una cantilena distorta e fiammante; i riff di "This Gift" portano la ruvidezza al limite del thrash; "Get Into Yours" è una concitata rincorsa all'ultimo respiro tra i 4 'honey, forse uno dei brani più orecchiabili, sicuramente uno di quelli con più groove; "You Got It" mi rocorda parecchio i primissimi soundgarden (quelli di "screaming life", "fopp" e "ultramega ok"); tutto poi rallenta nella acida "Come to Mind" dove il blues si fa psichedelia e la psichedlia si fa blues, l'acqua si trasforma in vino, i pani si trasformano in pesci e i lebbrosi si alzano, camminano e si fanno di LSD.
La barcollante "Running Loaded" introduce quel minimo sindacale di melodia, "The Farther I Go" ha un incipit quasi motorheadiano.... mentre la canzone in se assomiglia più a qualcosa dei Dead Kennedys.
in realtà il vero capolavoro lo troviamo alla fine del disco, e si intitola "Dead Love"..... stoner ante litteram? una cosa è certa: questo disco è un album seminale, e di certo non lo è solo per la storia del GRUNGE.
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Every Good Boy Deserves Fudge [1991] è ancora più "quadrato", rifinito, e professionale. il sound della band incomincia a crescere e ad assorbire elementi nuovi come il surf di "Fuzz Gun 91" l'uso dell'organo in "Check Out Time" e di una armonica in "Pokin' Around", per il resto, si tratta di una riproposizione della vecchia roba sotto una nuova pelle. brano notevole è invece "Broken Hands", malinconica ed intensa, dal finale in grande stile.
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Piece Of Cake [1992] rappresenta l'approdo su major ed il tentativo (questa volta riuscito) di fare qualcosa di nuovo. l'honey-sound resta fedele a se stesso, pur essendo ora molto più arioso e ricco di spunti eterogenei; i toni sono molto più surf/punkeggianti, ma sempre impiantati nel Detroitismo garage nevrotico (questa volta più allegrotto); sul piano tecnico-compositivo io avverto una certa crescita, sopratutto in Steeve e Matt(ora molto più aggressivo).
l'intro è una caricatura alla techno, proprio in un momento storico in cui l'elettronica stava sfondando (allo stesso modo del grunge) nelle vendite.
"Make It Now" superlativa, un brano che spazia lisergicamente in tutto il panorama rock abrasivo immaginabile dall'uomo e va oltre, confezionando un capolavoro,pochi minuti ma è una conquista per l'umanità, o meglio, per quella fetta di umanità a cui piacciono le zozzerie musicali, una fetta di torta... appunto.
ma l'album ci riserva tante sorprese, come per esempio il country-rythm&blues-southern-garage-rock di "When In Rome", un brano limpido e solare, direi quasi che è una potenziale hit estiva, una di quelle per pogare sotto l'ombrellone, magari con l'ombrellone stesso.
In "Suck You Dry", la band fa carne da macello... suona come una marcia funebre hardcore.
Torniamo a fare gli spiaggisti, i bagnanti o i tipi da spiaggia con "Blinding Sun", davvero spiaggiante...ops...spiazzante, sopratutto la parte di batteria. il pezzo suona come quel mix visto prima di rock americanaccio mezzo blueseggiante mezzo sudista e mezzo matto. un altro piccolo capolavoro.
"Youth Body Expression Explosion" introduce psichedelia pesante, quasi space rock per certi versi... ma si tratta solo di un intermezzo (quest'album è pieno di intermezzi simili) di un minuto e quaranta secondi.
le meraviglie del disco sono tante ed è impossibile passarle tutte in rassegna, ma almeno una menzione alla ballatona country-folk "Acetone" (episodio unico nella discografia degli 'honey. che sia l'ennesima presa per culo (dopo lo sfottò alla musica sinfonica nell'album precedente, lo sfottò alla techno e gli intermezzi western....) o un brano serio, non ci è dato saperlo.... però a me piace un sacco, contribuisce ad arricchire la varietà dalla proposta sonora del disco.
la gran puttanata è che questo "Piece Of Cake" non è stato capito da nessuno (o quasi), infatti ha totalizzato scarsissime vendite.
a questo punto la band si prende una pausa di 3 anni fatta di stanchi lavori compilatori, uno sfortunato ep, collaborazioni(tra cui evidenzierei la partecipazione alla soundreack di "judgment night", con un brano crossover composto con il rapper Mix-A-Lot), progetti paralleli (tra cui spiccano i Monkeywrench di Mark e Steve).
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My Brother And The Cow [1995] puro e semplice garage rock con sfumature rhythm&blues(peraltro abbastanza sbiadite). "Generation Spokesmodel" è una sincera e sentita decica a Kurt Cobain (che in vita citava sempre i mudhoney tra le sue più importanti influenze). un poco sincero ritorno alle origini(anche segnato dal ritorno alla produzione di Jack Endino, allontanato nei 2 album precedenti), che in realtà è un modo per provare a riconquistare i fan che avevano girato le spalle al gruppo dopo "Piece Of Cake". "Into Your Shtick" è una botta terribile, cattivissima invettiva contro la vedova di Cobain, il brano più autoreferenziale del disco, ma forse anche il più bello, nella sua amarezza e ed estrema dinamicità compositiva(e anche nel cantato, questa volta è davvero sputato in faccia a chi ascolta). "Today, Is A Good Day" ha uno di quei ritornelli che ti si fissano in mente e non puoi più cancellare, ma del resto del brano non c'è poi molto da dire, così come non c'è molto da dire per gran parte dei pezzi del disco: si tratta della rifrittura degli stratagemmi dei primi 2 album, solo che questa volta sono appunto degli "stratagemmi", mentre quando i mudhoney suonavano i brani di "SUPERFUZZ BIGMUFF", era tutto spontaneo come un rutto dopo pranzo.
però dobbiamo dare atto di una cosa ai nostri carissimi mudhoney: quest'album è troppo stradaiolo, se lo infilate nello stereo dell'auto, non vorrà più uscire, vi si pianta proprio li, mentre guidate e vi sballa la guida! non vorrei essere nei panni dei passeggeri/pedoni/conducentidimezziadiacenti mentre scorre l'ultimo brano(effettivo), "1995"... questo è ultradistorto, pompatissimo, quasi psych-stoner (e qua i mudhoney preannunciano certe sonorità che ricorreranno negli album successivi) con tanto di finale con sassofono.
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Tomorrow Hits Today [1998] Jim Dickinson sostituisce Endino, e l'album viene fuori con la stessa solennità con cui dio di rivela all'uomo: un ritorno sperato, atteso, e finalmente arrivato 3 anni dopo una delusione(quasi)totale.
il sound è molto professional(infatti è la prima volta che gli 'honey decidono di utilizzare i soldini messi a loro disposizione dalla casa discografica), moderno, fresco, quasi un debutto!
"A Thousand Forms Of Mind" è un inizio da infarto, con uno space-blues spettacolare, Mark è assolutamente in forma, Jimi...ops..Steve Turner sembra ringiovanito e rincazzutito, e finalmente torna la sezione ritmica varia e multiforme a cui eravamo abituati! ascoltate che piacevole varietà di suoni e soluzioni in un solo brano!
ogni brano è messo perfettamente a fuoco, ed ogni singolo pezzo contiene tante influenze d'ogni tipo (come in "piece of cake", ma qua il tutto sembra più omogeneo); "Try To Be Kind" rasenta zone d'ombra in cui il rhythm&blues spaziale si mischia al boogie e ad alcune ventate jazzy!
in "Poisoned Water" emerge lo spirito psichedelico della band, e nella seguente "Real Low Vibe" c'è tutto un vibrante blues massiccio che si scatena fino a intraprendere strade hendrixiane molto tortuose, che conducono all'intro tribale di "This Is The Life", un altro pezzo taglia-asfalto.
"Move With The Wind" è un pezzo assolutamente atipico per i mudhoney, è quasi soul (ma lo immaginate Mark Arm che fa una cosa del genere?), peraltro interpretato in modo perfetto.... in questo pezzo, la solita furia tipica della band è piuttosto strisciante, quasi compressa, pronta a saltar fuori alla prima occasione....che non rarderà ad arrivare.......infatti "Ghost" si regge su un giro blues che sa quasi si house(se la remixi, viene fuori tranquillamente una megahit da discoteca).....e in questo pezzo, Mark vomita l'anima sul microfono. attenti all'assolo finale.
"I Will Fight No More" è un superbo lento strumentale, un intro massiccio con risvolti psichedelici che serve ad introdurre il pezzo forte dell'album: l'oscura e fumosa "Beneath The Valley Of The Underdog". tutto l'album è uno spettacolo. beh, fate conto che l'ultimo brano è il più bello di tutti; un blues robotizzato, alienato ed alienante, un concentrato di inquietudine pesantissima tradotta in musica. Mark Arm sembra un santone o un prete che dice messa, al pari del miglior Ozzy.
Quest'album contiene le migliori prestazioni di Mark Arm come cantante.
Dopo il 1998, una serie di eventi fa traballare la line up dei mudhoney, Lukin lascia la band, che spesso è anche senza bassista (impegnato in diversi progetti), così Mark e Steve tornano a dedicarsi al loro side project e la band si scioglie, rilasciando anche una doppia antologia ("March Of Fuzz").
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Since We've Become Translucent [2002]
il 2002 verrà ricordato come l'anno del ritorno alla ribalta di mezza scena grunge (quasi tutta quella vivente): "Songs for the deaf", fenomeno dell'anno ospita ben 2 sangue blu del grunge (nobilitati dal passato Screaming Trees e Nirvana); torna Jerry Cantrell (ex alice in chains); tornano i Pearl Jam con "Riot Act"; torna Chris Cornell , con la superband Audioslave; tornana Mark Lanegan solista................ si assiste ad una nuova ondata di manierismo pseudo-neo-grunge in tutto il mondo.............
............e tornano i MUDHONEY, completamente rinnovati (cambio di etichetta, line up, e stile).
La novità principale è l'ampio uso di fiati nei brani. il substrato è sempre garage, anche se la tendenza allo stoner c'è sempre, sopratutto nel trip iniziale di ben 8 minuti (impensabile un tale minutaggio per i vecchi 'honey) intitolato "Baby Can You Dig The Light": chitarre liquidissime, acide, fiati, effetti su effetti, distorsioni su distorsioni, nulla è più come prima. a questo punto è spontaneo pensare che i mudhoney siano tornati, un'altra volta e anche questa volta, in grande stile................ ma tutto questo è vero solo per metà: l'album, seppur molto compatto e ben sviluppato non sempre regge il confronto con il brano d'apertura, e lascia un certo amaro in bocca.
comunque si tratta di un disco interessantissimo, ed è innegabile che l'evoluzione nel sound dei mudhoney C'è STATA!
ottime canzoni sono "The Straight Life" (il brano più leggerino del disco.... ma cazzo, mozza il fiato!) e "What The Flavor Is"; mentre la conclusiva "Sonic Infusion" è l'unico brano in grado di riprendere il discorso d'apertura e premere l'acceleratore verso il versante psych-stoner, infatti il risultato è sbalorditivo(mi ricorda addirittura i primi Monster Magnet).
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Under A Billion Suns [2006]
La linea è quella solare e strombazzata del precedente lavoro. ampia presenza della psichedelia e dei fiati, e l'unica sostanziale novità sta nel fatto che ogni singolo brano pare essere stato più curato e perfezionato.
tanto per fare un esempio, "Hard-On For War" è un pezzo stoner pressocchè perfetto.... ci sono tutti i trucchetti del genere: è tutta lava che cola, è un lanciafiamme che sputa fuoco e rock come DIO comanda.
"In Search Of" ricorda i Fu Manchu già dal titolo...(in realtà questo brano è molto più psichedelico del repertorio medio dei Fu Manchu, ma il paragone ci sta per via del simile background delle 2 band) si tratta di uno dei pezzi più sfollagente dei mudhoney, che finalmente tornano per riprendersi quanto a loro spetta, ed appropriarsi di quello stoner che loro avevano anticipato in certi episodi, sin dagli esordi.
"Blindspots" non è altro che la centrifuga finale(tra psichedelia, hard rock, rocknroll, fino al twist), con la quale la band ci lascia, fino al prossimo zozzissimo album.

INCHINO




John