Creative Commons License
Rock e Dintorni by Rock e Dintorni is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia License.
Based on a work at rockedintorni.blogspot.com. .: 14/12/08

sabato 20 dicembre 2008

Green River

I Green River li ricordiamo perchè:
1. sono stati una delle prime band ad unire punk, garage ed hard rock pre-metal;
2. sono stati la prima band grunge;
3. hanno influenzato direttamente e indirettamente tutta la storia del movimento (direttamente, perchè dallo scioglimento del gruppo sono nati i mudhoney, i mother love bone ed i pearl jam; indirettamente, perchè tutta la neonata scena rock underground seattleiana fu influenzata stilisticamente da loro)
La band prese il suo nome da un serial killer di seattle.
I membri dei GR erano: il cantante Mark McLaughlin, detto "Arm" (poi fondatore dei Mudhoney); il chitarrista Steve Turner (che dopo il primo EP lascerà il gruppo e fonderà con Arm i Mudhoney); il chitarrista Stone Gossard (poi fondatore dei Mother Love Bone e dei Pearl Jam); il bassista Jeff Ament (poi fondatore, con Stonr dei Mother Love Bone e dei Pearl Jam) ed il batterista Alex Vincent.
Nei Green River ci sono sempre state 2 correnti di pensiero, 2 "partiti", quello ARM-TURNER (che avevano un background punk ed erano devoti al rock dei '60s), e quello AMENT-GOSSARD (appassionati di metal, glam ed hard rock, il primo adorava i Venom e per questo era sfottuto da Mark, ed il secondo adorava i Kiss ed aveva una certa attitudine glam che lo spinse ad acquistare degli zatteroni di dubbio gusto).
Lo stile stesso dei GR è un derivato di questa loro natura duplice (da una parte punk dall'altra hard rock), che li portò a forgiare un sound che agli esordi non fu capito da nessuno.
Le contraddizioni della band non tardarono a saltare fuori, e a trasformarsi da propulsore di un sound contaminato a sorgente li incomprensioni e dissidi innanzitutto artistici. per esempio, prima di uno show, Jeff Ament litigò pesantemente con Mark Arm perchè il primo non intendeva suonare una certa cover degli Stooges poichè reputava troppo semplice la parte di basso.
I Contrasti interni alla band erano dovuti anche al diverso background culturale-ideologico (o banalmente alle diverse aspirazioni delle 2 band), infatti il punto di snervamento definitivo dei rapporti all'interno della band si ebbe quando, in occasione di un concerto, si doveva distribuire degli inviti e Mark Arm intendeva far entrare gratis i suoi amici, mentre Stone Gossard preferì invitare alcuni rappresentanti di Major (tra i quali solo 2 accettarono l'invito... ). Questa storiella scandalizzò l'incorruttibile Mark (così incorruttibile, che comunque non tardò a firmare con una Major, nei Mudhoney, nel '92..... proprio quando capì che col """grunge""" ci potevi fare i soldi), lo turbò così tanto, che non appena la nuova band multimilionaria di Stone sfondò con "Ten", Mark tirò fuori quella storia, tanto per sputtanare Stone e Jeff, e descriverli come degli opportunisti cacciatori di affari (ed è da qua che deriva la repulsione di Kurt Cobain verso i Pearl Jam).
Steve Turner, lascerà la band dopo la realizzazione del primo EP, poi la band registrerà senza di lui, 2 altri dischi.
Quando, la sera di Halloween dell'87, Mark raggiunge la band in sala prove, Jeff e Stone gli comunicano che era la fine dei Green River, e così Mark Arm se ne va, sbattendo la porta.
Da tempo, Stone e Jeff erano in contatto con Andy Wood, cantante dei Malfunkshun, con il quale fonderanno i Mother Love Bone, gruppo dalle coordinate musicali più vicine allo street rock e agli Aerosmith che a quanto ascoltato nei Green River. La prematura morte di Andy Wood porterà alla nascita dei Pearl Jam.
Steve e Mark invece fonderanno i Thrown-Ups, coi quali pubblicheranno 3 EP, e in seguito i Mudhoney, dediti ad un grezzissimo garage rock.
Partiti insieme nell' 84, questi ragazzi, dopo 3 anni si separano per sempre, in 2 tronconi, finendo col creare opposte "fazioni" all'interno della stessa scena.
Nel 2005, Eddie Vedder, varie volte nel tour dei Pearl Jam, chiama sul palco Mark Arm e Steve Turner per eseguire, insieme ai vecchi compagni Stone e Jeff "Kick Out The Jams" e "Rocking In A Free World".... emozionante? no, molto di più.


image
Come On Down [1985]
Soli 6 brani, per un ep, che in fin dei conti, sarà ineguagliato in fatto di intensità da parte della band.
"Come On Down" è il battesimo del nuovo corso musicale seattleiano, brano che da titolo al disco e pezzo più bello, grazie ai suoi riffs granitici(quasi sabbathiani),a quel ritmo marziale ed alla ubriaca voce di Mark Arm, istrionico come Iggy Pop, dirompente come Johnny Rotten. "Swallow My Pride" è la vera hit della band (sempre se di hit si può parlare, visto che questo disco ebbe un riscontro di vendite così basso da costare alla band la sfiducia della casa discografica, ed il conseguente cambio di etichetta, dalla Homestead alla neonata SubPop) che fu poi coverizzata in "Fopp" dei Soundgarden e dai Pearl Jam nel singolo natalizio del 1995. "Ride Of Your Life" inizia con una cavalcata hardcore, poi esplode in una tempesta di stop and go, e un memorabile assolo finale che sa di metal primordiale. "Corner Of My Eye" è costituita da una ossessiva ripetizione di riff e ritornello in modo martellante, tant'è che solo sul finire del brano si svelano gli intenti nichilisti, in un assalto sonoro raggelante by Vincent/Ament.
Dopo la pubblicazione dell'ep, Steve Turner lascia la band perchè infastidito dalle pose metallare di Gossard ed Ament.

image
Dry As A Bone [1987]
Un altro EP, 5 bran. La band non cambia sostanzialmente lo stile, ma risulta più dinamica, la struttura dei brani è più ariosa (ed il minutaggio lo dimostra). Jeff Ament è cresciuto molto, ed è già una colonna portante del gruppo, ed anche grazie al suo apporto in fase compositiva, il gruppo, in questo ep, sembra più orientato verso pezzi tirati e velati di metallo. Memorabile "P.C.C." e il piccolo gioiello intitolato "This Town".
è il vero debutto dei Green River, ed è il debutto della SubPop; da questo momento in poi, una cosa tirerà l'altra e nulla sarà più come prima. La storia della nascita, dei successi, e del declino della SubPop è parallela alla storia del grunge, che ha visto in essa un formidabile veicolo.

image
Rehab Doll [1988]
il primo (e unico) LP è in realtà un album postumo, inquanto la band, al momento dell'uscita del disco, era già sciolta.
La qualità è nettamente superiore a quella degli EP precedenti: "Searchin" mostra la vena garage di Stone Gossard, questa volta in una delle sue migliori prestazioni, con una chiarra grezza e minimal, ma affilata e sempre sul punto di esplodere. "Forever Means" è l'epidodio più metallizzato del disco, dove la schizzofrenia ed il tormento espressi nel cantato di Mark, hanno il loro contrappunto nelle rasoiate diaboliche di Stone. la title track è frullato di soni e rumoracci tra l'asprezza garage e la pesantezza del rock più pesante, così come avviene in "Smiling And Dyin", dove Jeff si diverte e ci diverte un po col suo basso, e come avviene nella nuova veste di "Swallow My Pride", nella scazzottata hardcore/pre-metal intitolata "Porkfist", tra i black flag ed i primi motorhead. "One More Stitch" rappresenta il tentativo di apportare delle variazioni al sound della band, attraverso l'alternanza tra acustico/elettrico, che presto sarà un espediente molto ricorrente nel seattle sound (e derivati).


John

giovedì 18 dicembre 2008

Temple of The Dog

I Mother Love Bone ci misero pochissimo a trasformarsi da promessa rock mondiale a fenomeno archiviato e messo da parte, dopo la morte per over dose di Andrew Woods, infatti nessuno dopo se la sentì di portare avanti quel progetto senza il capitano del rock dell'amore e la casa discografica, che su quel gruppo aveva scommesso, non fece nemmeno promozione all'album appena uscito.
Fu un duro colpo per Stone e Jeff, che ancora una volta furono costretti a ripartire da zero; ma fu un duro colpo anche per qualcuno che non militava nei Mother Love Bone, ma che conosceva benissimo Andy, perchè aveva vissuto con lui un po di tempo (e lo aveva aiutato ad affrontare i suoi problemi con la droga), sto parlando di Chris Cornell.
Chris si reca in Europa, per allontanarsi dai posti che gli ricordavano l'amico scopmarso, si immerge nel suo dolore, e soffre perchè non può parlarne con nessuno che avesse conosciuto bene Andy.
Nel suo periodo trascorso in Europa, il cantante dei Soundgarden scrisse di getto "Say Hello To Heaven" e "Reach Down", poi una serie di altri brani, che presto si accorse non essere molto compatibili con lo stile dei Soundgarden, ma molto più vicini al songwriting di Stone & Jeff nei Mother Love Bone.
Contemporaneamente Stone, stava jammando liberamente nello scantinato dei suoi genitori con Stone e un nuovo acquisto: Mike McCready. Fu in quel periodo che tramite i Red Hot, Jeff si mise in contatto con Eddie Vedder. Da quelle Jam nacquero gli "Stone Gossard Demos", una serie di brani tra cui "Pushing Forward Back" e "Times Of Trouble".
Alle jam di Stone stava partecipando anche Matt Cameron, allora batterista dei Soundgarden (la cosa buffa è che Matt stava suonando pezzi come "Alive" e "Black" prima ancora che si chiamassero così e ben 8 anni prima di entrare nei pearl jam).
Chris, Stone e Jeff pensarono di unire le loro forze per realizzare un album-tributo a Andy Woods. in un primo tempo intendevano rimettersi a lavoro su alcuni demo di Andy e materiale inedito dei Mother Love Bone, ma Xana (la ragazza di Andy) era contraria ad una speculazione sul suo ragazzo; così Stone e Chris misero insieme i pezzi scritti separatamente, ne scrissero di nuovi e approntarono una superband: Matt Cameron(batteria) e Chris Cornell (voce e chitarra) dei Soundgarden; Jeff & Stone e Mike McCready(chitarra solista) di quelli che sarebbero poi stati i Pearl Jam.
Il progetto prese il nome da un verso di un brano dei Mother Love Bone, "Man Of The Golden Words": TEMPLE OF THE DOG.
image



all'interno del booklet dell'album c'è un piccola presentazione del progetto scritta a mano da Jeff Ament, come fatto anche nei Mother Love Bone.
image



in "Say hello 2 heaven", Chris canta: "Venne da un isola / e morì in una strada /Si ferì... / ma non mi disse mai niente / Saluta il paradiso / Nuovo come un bambino / perso come una preghiera / il cielo era il tuo luogo di divertimento /ma la terra fredda fu il tuo letto". il brano è una preghiera disperata, infatti inizia proprio con un'invocazione alla "madre misericordiosa". il fatto di "salutare il paradiso" riprende quella tecnica tipica di Andy consistente nell'uso di metafore religiose.
"Reach down" propone un blues teatrale estremamente toccante, in cui viene fuori Mike McCready, in un assolo interminabile. 11 minuti di poesia e passione. "Ho fatto un sogno l’altra notte/ Eri in un bar, eri seduto in un angolo / indossavi una lunga giacca di pelle bianca / e occhiali viola, e avevi la brillantina nei capelli / ti dissi: hey questo è il posto dove starò / e un giorno ti offrirò da bere".
"Hunger strike" è un pezzo morbido, che propone un duetto memorabile Cris Cornell / Eddie Vedder (al suo esordio discografico come cantante).
"Pushin forward back" è il brano più duro dell'album. La ballata zeppeliniana "Call me a dog" ripropone un blues soave guidato dalle impennate di Chris e dal trasoporto metafisico di Mike. "Times of trouble" è tristissima, Cornell suona anche l'armonica, e recita in questo modo: "Quando il cucchiaio è caldo / e l’ago è appuntito / e tu lo spingi / posso sentire ciò che dici / che il mondo nero [...] Non provare a farlo / non provare ad ammazzare il tuo tempo / potresti farlo [...] so che giocavi ma / qualche volta le regole sono dure" e conclude con un imperativo molto chiaro e che non richiede una difficile interpretazione: "devi afferrare il tuo tempo fino a sfinirti / attraversa questi tempi di guai". una delle liriche più intense ed intelligenti mai scritte da Chris. torna la metafora religiosa in "Wodden Jesus", ed una sferzata energica in "Your saviour", dove in basso di Jeff e la batteria di Matt creano un groove oscuro e nevrotico, quasi tremante, ciò che emerge è la sofferenza, la sofferenza che si trasforma in suono. "Four walled world" ha l'epicità tipica del Gossard degli esordi, e risplende grazie ad un cantato in un costante crescendo di pathos e intensità, anche sottolineato dallo straordinario assolo di Mike, molto corale e coerente col brano stesso. "All night thing" è la conclusione del disco, con toni molto più leggeri e pacati, il cantante (si) vuole rassicurare, questo pezzo è la fine della tempesta notturna(di quella notte citata mille volte nei testi).... e l'inizio della quiete, perchè la vita risorgerà sempre.



John

mercoledì 17 dicembre 2008

TAD





Una ragazza tanto bisognosa di affetto alza la cornetta, compone il numero, ed esprime in modo non equivoco la sua voglia... dall'altro capo del telefono risponde un uomo lardoso, barbuto e coi capelli grassi, che apprezza notevolmente l'invito della donna........... che al momento della sua risposta, capisce d'aver sbagliato numero.


Questa scena è tratta dal film "Singles - L'amore è un gioco", e l'uomo lardoso è il mitico Tad Doyle, ex-macellaio(è vero!) e forntman di una delle più """pesanti""" band del panorama grunge: i TAD. è giunto il momento di rendere un po di giustizia a questi ragazzi: non ne parla nessuno e chi lo fa, dice le solite storie su come fossero zozzoni e grezzi, dimenticando di dire che sono stati uno dei fenomeni più interessanti di tutta la scena, capaci di elaborare uno stile personale e ricercato. I TAD sono stati l'altra faccia di Seattle, quella nata e morta underground, quella che non è mai stata sotto i riflettori, e che non è mai stata cagata dalle grandi masse.... e ne era fiera. Lo stile dei Tad era a metà tra il metal (tra il premetal anni 70 e il thrash) e hardcore albinianamente inteso (Steve Albini fu anche loro produttore). Facile paragonarli ai Mudhoney, per via della loro comune passione verso gli Stooges, ma non possiamo identificarli, poichè si tratta di esperienze musicali per certi versi opposte. I Mudhoney erano tradizionalisti, invece i Tad erano in un certo senso modernisti (basti pensare alla loro tendenza allo sfumare verso l'industrial o ai loro ritmi quasi techno); entrambe le band propongono grezzume a valanga, ma i Tad hanno una pesante componente metallica che ai Mudhoney manca. La band si costituisce nell'88 e un anno dopo rilascia per la SubPop un debutto blasfemo e truce: God's Balls, prodotto da Jack Endino (degli Skin Yard, band di provenienza del batterista dei Tad, Steve Wied), diviso in 2 facciate, la prima intitolata "Jesus" e la seconda intitolata "Judas". Tutto l'album è una sfilata di suoni e immagini orribilanti, una fusione acida e sincopata tra hard rock ed hardcore. brani imperdibili: "Satan's Chainsaw" e "Behemoth". I Tad seguono i Nirvana nel tour di Bleach. Salt Lick [1990] fu prodotto da Steve Albini (ideatore dei progetti Big Black e Rapeman negli 80), e infatti ne assorbe le coordinate stilistiche e compositive. il risultato è un album più maturo del precedente, che non risparmia alcune piacevoli sorprese, come l'apertura melodica di "Glue Machine". "Potlatch" ricorda i Big Black ed i Ministry, mentre "Hibernation" preannuncia qualcosa che succederà negli Helmet.
image
8-Way Santa [1991] chiude la parentesi SubPop dei Tad, e lo fa per certi versi nel migliore dei modi (con un'altra crescita compositiva), per altri nel peggiore (perchè il disco ebbe parecchi problemi giudiziari e pochissimi riscontri nelle vendite). il sound è più preciso e professionale(ottima la produzione di Butch Vig), e la melodia comincia a prendere il sopravvento,anche con certe ventate powerpop che tenderanno ad arrotondare gli spigoli della proposta sonora dei Tad.
image
Inhaler [1993] rappresenta il passaggio a major ed è, a mio avviso, l'album più accessibile e meglio strutturato tra quelli dei Tad (anche perchè Tad Doyle ora ha imparato..........a cantare).
Josh Sinder passa alla batteria e alla produzione c'è J. Mascis.
"Grease Box" è un inizio tritatutto, con una buona dose di hardcore su un sostrato metal e powerpop; "Throat Locust" è un frullato di Big Black e Black Flag; "Leafy Incline" è tutta da canticchiare o urlare a squarciagola in auto, perchè difficilmente vi toglierete dalla testa quel ritornello; "Luminol" si apre con un riff marcatamente metal, poi segue un grugnito stile Rapeman e una serie di colpi sincopati e martellanti basso-batteria che assomigliano a mitragliate, tanto che sembrano provenire da "the land of rape and honey", poi segue un'inaspettata (e bellissima) apertura acustica che spezza l'atmosfera truce di prima, ma solo per poco, e dopo un'altra ancora, ancora più lunga e questa volta accompagnata anche dal pianoforte, prima del cazziatone finale.
"Ulcer" e "Lycanthrope" portano un'altra pioggia di grezzume una pioggia bollente ed abrasiva; notevoli sopratutto nel secondo brano gli assoli di chitarra (su quest'album sono lussureggianti ed onnipresenti). "Just Bought the Farm" è la convergenza tra punk, noise e in un certo senso new wave(!?!?), questo tanto per dirvi quanto sia vario lo spettro stilistico dei Tad e quanto di sbaglino quelli che li definiscono come dei grezzi rockettari di vecchio stampo. questo brano ne è la dimostrazione, perchè sembra la sintesi di quello che è successo dal 77 al 93, infatti sembra di passare dal punk a tutte le sue incarnazioni ottantiane (hc, new vave e noise) in ogni singolo istante, in un brano tormentato e palpitante, portatore delle inquietudini di diverse generazioni.
in "Rotor", "Paregoric"(come fare l'elettroencefalogramma ad un martello pneomatico) e "Pansy" si ribadiscono i concetti visti fin ora e si consolida la formula di INHALER, grandissima prova discografica che si conclude con un brano atipico, l'acustica powerballad intitolata "Gouge".
La band va in tour con i Soundgarden, poi viene scaricata dalla casa discografica a causa di una locandina raffigurante Clinton che fuma uno spinello con sotto la scritta "This Is Heavy Shit".
image
Infrared Ridinghood [1995] è un'ulteriore concessione alla melodia ed all'ascoltabilità, dopo il quale la band cadrà nell'oblio.


John


domenica 14 dicembre 2008

Control Denied - The Fragile Art Of Existence (1999)



Etichetta: Nuclear Blast
Anno: 1999

Line Up:
Tim Aymar - Vocals
Chuck Schuldiner - Guitar
Shannon Hamm - Guitar
Steve DiGiorgio - Bass
Richard Christy - Drums

Tracklist:
1) Consumed
2) Breaking The Broken
3) Expect The Unexpected
4) What If...?
5) When The Link Becomes Missing
6) Believe
7) Cut Down
8) The Fragile Art Of Existence

Dopo questi capolavori, Chuck scrive gli ultimi suoi cinquanta minuti di musica. L'epitaffio di un grande artista, un disco che musicalmente sembra semplice (certo, rispetto i Death, ma stiamo scherzando!), ma che ascoltato attentamente svariate volte porta a chiederti tante cose, soprattutto se quest'ultime, sono rappresentate dai testi.
Formazione di tutto rispetto come sempre per Chuck, sono più o meno, compagni che gli sono stati vicino durante l'avventura coi Death. E sembra quasi strano (a questo punto ecco il mio primo "quesito") chiedersi se sia una coincidenza o cosa, che proprio con il suo vero e proprio ultimo disco, Chuck, abbia scelto gente pescata da vecchie formazioni della sua band.
Strano il destino, a volte...
Steve DiGiorgio al basso (Breaking The Broken!), Shannon Hamm alla chitarra, Richard Christy alla batteria e Tim Aymar alla voce. Avevo molti dubbi su questo cantante all'inizio, ma col passare del tempo (e ce n'è voluto!) l'ho cominciato ad apprezzare appieno: oggi posso dire che anche questo "The Fragile Art" è un'altra gemma, e di conseguenza affermare che Chuck non ne ha sbagliata una.
Tim proviene da un background differente, si sempre metal, ma appartenente ad una realtà più underground, e forse anche il fatto di rischiare per Chuck rappresentava una sfida, e avrebbe dato più forza alla band intera.
Il risultato è un'ora di musica che rasenta la poesia, ascoltare il break melodico nella titletrack oggi, mi fa ancora emozionare come un bimbo; la cosa che più mi fa venire i brividi, e sentire un nodo in gola, sono quelle chitarre che dapprima sembrano come spariscano nel vuoto, poi si incontrano nuovamente, pronte a sposarsi per l'eternità, come in un illegale ma sincero patto di sangue. E sembra tutto fottutamente strano...
Le liriche suggellano stati emotivi contrastanti, "Consumed" è lacerante, quasi disorienta, con un forte richiamo a "The Philosopher" (Do you feel the pain that I feel? The pain that lives inside), più una leggera vena misteriosa che, per quanto mi riguarda, ancora devo capire bene, e mi riferisco a "Every time it is the same three words, every time the number speaks". Bella composizione, fresca e potente, con chitarre ampie e mai troppo presenti, come del resto in tutto l'album, si mantengono sempre su un suono leggero.
"Breaking The Broken" è un assalto thrasheggiante carico di potenza heavy classica, anche qui ricamata da orpelli (in senso figurativo eh!) chitarristici quasi umani, molto sentiti (mi riferisco quasi sempre al minuto 3:02. Anche testualmente fa la sua stupenda figura, dato che vuole quasi rappresentare una vendetta verso una persona che si è dimostrata falsa e cattiva (In beauty the evil is waiting for possession).
Poi ragazzi, non so che dirvi, il terzo pezzo, "Expect The Unexpected" si racconta da solo: l'inaspettato della vita, quell'entità che può darci fastidio e ostacolarci così come agevolare il nostro vissuto. E anche qui, dannazione, mi viene da pensare a ciò che poi è successo a Schuldiner ... mah ...

And when life seems to be complete it comes and knocks us off our feet
The element of surprise: the avengeful attack
Straight on your back it will send you into a state of deja-vu
Here it comes one more time showing its ugly face

La struttura del pezzo riassume tutta la genialità degli artisti presenti: le chitarre apocalittiche, il basso che vuole spingerti nel vuoto (A silent voice), ma prima ti passa alla tortura (gli assoli, dio santo!); ed infine l'attacco finale (The avengeful attack)
Quando proseguiamo con l'ascolto, ci sarà disorientamento, una traccia come "What If...?" non può far così male nonostante sia così dolce e pacata (!); un pezzo che mette in mostra (per piccole cose che adoro personalmente) le doti di Richard Christy, così come "Believe" che in alcuni punti mi ha ricordato delle cose dei Death sia da "The Sound Of Perseverance" che da "Symbolic".

C'è qualcosa di amaro in questo disco: degli occhi sospesi nel nero, delle braccia che cercano la via d'uscita, magari per vendicarsi di un destino ingiusto, e d'altronde come dargli torto?

Do you believe what some might say can't be could be reality
Let seven be the one for me; six chapters of life laced with mystery...
Awaiting discovery

Davide Montoro

Death - The Sound Of Perseverance (1998)


Etichetta: Nuclear Blast
Anno: 1998

Line Up:
Chuck Schuldiner - Guitar, Vocals
Richard Christy - Drums
Scott Clendenin - Bass
Shannon Hamm - Guitar

Tracklist:
1.Scavenger of Human Sorrow
2.Bite the Pain
3.Spirit Crusher
4.Story to Tell
5.Flesh and the Power it Holds
6.Voice of the Soul
7.To Forgive Is to Suffer
8.A Moment of Clarity

Tre anni dopo...ultimo disco in studio per i Death. Sul finire dell'estate esce "The Sound Of Perseverance", sotto Nuclear Blast, ed in una veste completamente diversa, per tutti. Chuck non ha mai nascosto il suo amore per l'heavy metal più classico, tant'è che questo disco ingloba le sonorità più classic ma non per questo meno tecniche ed entusiasmanti. A confermare questa tesi, è la cover (la seconda che i Death ci regalano, dopo "God Of Thunder" dei Kiss presente in "Human") di "Painkiller" dei Judas Priest. Il singer americano, ha nuovi compagni d'avventura: Richard Christy alla batteria, dapprima più abituato in ambiti/bands power/thrash o heavy (Demons & Wizards, Iced Earth...), Scott Clendenin e Shannon Hamm, che aiuteranno Chuck anche nel disco dei Control Denied, rispettivamente al basso e alla seconda chitarra.
Le otto tracce che compongono l'ultima opera a nome Death, sono di una forte (almeno per noi comuni mortali) e tagliano la faccia, per quanto, tante volte, barcollano aspramente su vari lidi musicali. Chuck era molto influenzato dal thrash metal '80, dal rock, dall'heavy metal classico. A questo punto, tutti questi generi, hanno subito un processo di de-strutturazione (lo ripeterò fino al vomito, certo!) tale che il thrash ora ha un taglio moderno, caratterizzato da difficoltà esecutiva secche rasoiate chitarristiche (A Moment Of Clarity) oppure il classic heavy, che, scontrandosi a morte col thrash, "favorisce" la nascita di canzoni come "Spirit Crusher".
Infine, ancora una volta con la sua impronta premonitrice, Chuck scrive ciò che la sua anima gli detta: "Voice Of The Soul" è per il sottoscritto e non solo, la strumentale heavy più bella di tutti i tempi. Prima una, poi l'interruzione della seconda, che si intreccia dolcemente in un triste arpeggio, i secondi passano ed è come se anche la nostra mente assieme a lui viaggiasse per pensare. Quando i due canali del vostro stereo diffonderanno nella stanza l'eco della chitarra, sarà l'apoteosi: ancora un arpeggio, ancora un breve assaggio solista, e poi le corde che, come un'anima che ci sta lasciando da lì a poco, si abbracciano forte per tenerci caldamente lontano dal mondo. E' l'ultimo saluto di Chuck a tutti noi.
E' un saluto però che riecheggia nel suo suono. Il suono della perseveranza, che gli permette per l'ultima volta (nei Death, eh!) di scrivere grandi testi, musiche senza tempo, con musicisti davvero in gamba. "Scavenger Of Human Sorrow" parla delle persone sadiche, coloro che amano nutrirsi della sofferenza altrui (da qui il titolo):
"...Quale sofferenza farà sua per soddisfare il tuo malsano appetito
Cominciamo ad uccidere, fatti notare sempre, prega!
Sempre al momento giusto-esulta
Nutriti del dolore, assaggia!..."
Nel primo break della canzone Clendenin stacca con un breve giro di basso, che serve a far rientrare tutti gli strumenti per il terremoto finale, di assoli sparati a folle velocità pieni di inventiva e melodia. Si prosegue, il viaggio è sofferente ed irto di ostacoli, soprattutto di persone che abusano delle parole, violentando verbalmente le persone:
"...Mordo il dolore guardando avanti, non indietro!
Mordo più forte cercando di parare la traccia di falsità ed i fendenti partoriti dalla tua anima.
Acide, le lacrime del rimorso: scorrono vane, ormai troppo tardi...
Risparmiale per il prossimo scherzo del destino..."
Cadenzata nei primi secondi, poi si frantuma in mille pezzi di scale frigie sul finale: semplicemente bella. E' la seguente "Bite The Pain", che mette in mostra anche le capacità di Scott al basso, come dimostra la seguente "Spirit Crusher" (certo, in modo minore). Questo pezzo è speciale (oddio..parla di una cosa molto triste però..) davvero.
Chuck traspone il significato della sua malattia in musica. Il tumore, lo chiama "Distruttore dell'anima" (lui venne colpito da un tumore al cervello). Ma....c'è sempre un ma...la diagnosi gli venne fatta un anno dopo. Com'è che Chuck già aveva immesso nel suo disco questo testo così? A me, sinceramente, fa pensare questo, sebbene ci siano i presupposti per pensare altre tesi, io rimarrò sempre convinto della mia, ed il testo me lo fa pensare sempre di più:
"Viene dalle profondità di un luogo sconosciuto al custode dei sogni
Se potesse ruberebbe il sole e la luna dal cielo: attento umano a vedersi, mostro nel cuore.
Non dargli riparo in te potrebbe farti a pezzi: nessuna scusa, si nutre alla luce del sole...
Distruttore d’anima, resisti e tieni duro - distruttore dell’anima...
Parlando con frasi d’odio il tipo vizioso che colpisce ed uccide
Nessuna pietà, è un piacere assaggiare il sangue che versa
Quando è tempo di nutrirsi per soddisfare il bisogno di consumare un respiro
Alcuni si alzeranno alti espirando tutto il fiato dalla voce di un'anima...".
Questo è tutto il testo...Stupendo, come sempre: una canzone tutta in crescendo che mostra il lato sensibile (mica è la prima volta) di Chuck, estremizzando il percorso musicale intrapreso dalla band (mi riferisco al cambio di tempo quasi in stile At The Gates, minuto 2:23 - io ci sento questo!). "The Sound Of Perseverance" ha ancora una "Storia Da Raccontare" intrisa di decisioni da prendere, rabbia, tristezza e ricordi del passato rinnegati. I tempi stoppati della canzone volano sino al terzo minuto, quando le chitarre toccano una superba melodia che prima si alza imponente, poi si scioglie in terra, delineando una chiusura particolarissima.
Chuck non è più cantante, ma è sempre più uno "Storyteller" pronto ad emozionarvi con la sua musica. La sua voce è più "umana", avrete notato infatti, che da "Scream Bloody Gore" ad ora, il suo screaming si è lasciato pian piano andare per lasciar posto ad un'impostazione vocale più acida. Negli ultimi venti minuti rimasti del disco, i Death ci lasciano con 3 canzoni immortali. "Flesh And The..." sembra risultare la più nervosa del lotto, sarà la tematica affrontata (lussuria e morte); "To Forgive Is To Suffer" ha un mood violento e malinconico, mentre la fine è affidata a "A Moment Of Clarity".
Ultimi otto minuti al fulmicotone, tiratissimi:
"...Spalanco i miei occhi per vedere un momento di chiarezza
[...]
La vita è come un mistero: con molti indizi, ma con poche risposte
Per indicarci cosa possiamo fare per cercare...
Messaggi che ci impediscono di arrivare alla verità..."
Perchè nella vita ci sono cose che prima o poi ti cambiano, totalmente: e queste cose ci appaiano come dinanzi uno schermo, lo schermo del nostro passato...

Davide Montoro